Latte, de Roest (Crpa): «Nel 2026 Ue primo esportatore mondiale»

E Calzolari (Granarolo): Stiamo lanciando prodotti senza sale. Sono tra gli spunti emersi alla Fiera di Montichiari durante il convegno IZ sul futuro del settore lattiero caseario. L’Unione europea supererà la Nuova Zelanda per i volumi di export. Cina mercato sempre più competitivo, ma il Made in Italy può contare sulle Dop.

«L’Unione europea potrà diventare fra meno di 10 anni il primo esportatore al mondo di prodotti lattiero caseari. Nel 2026 l’Ue rappresenterà il 26% dell’export mondiale di latte ed equivalenti, contro il 25% della Nuova Zelanda, che oggi è al primo posto». Lo ha detto Kees De Roest, del Centro ricerche produzioni animali (Crpa) di Reggio Emilia, durante il convegno organizzato dall’Informatore Zootecnico su «Costi, ricavi e redditività della produzione di latte» alla 89ª edizione della Fiera Agricola Zootecnica Italiana di Montichiari.
«La competizione si sposta in Asia, dove l’Ue dovrà confrontarsi con la Nuova Zelanda e l’Australia», ha proseguito De Roest. La produzione lattiera europea crescerà di circa 1,3 milioni di tonnellate all’anno e toccherà i 177 milioni di tonnellate nel 2026. Un incremento di 14 milioni di tonnellate, dei quali 11 milioni si concentreranno nella cosiddetta «Dairy Belt», che comprende Irlanda, Regno Unito (considerato per i calcoli ancora parte dell’Unione europea), parte della Francia, Olanda, Polonia e Repubbliche Baltiche.
In Germania l’aumento previsto delle produzioni sarà del 10%, che in termini di volume significa una crescita di 4 milioni di tonnellate. Per l’Italia è previsto aumento del 4% nei prossimi anni.
«Continuerà a crescere la produzione di latte per vacca – ha precisato De Roest - ma nel 2026 ci saranno meno capi in Europa, che significa meno gas serra e meno emissione di ammoniaca, a fronte di una maggiore quantità di latte. La previsione è che i prezzi rimarranno per un po’ ancora sotto pressione, ma supereranno la media dei 36 centesimi al litro nel 2026».
A livello globale si prevede un incremento dei consumi di prodotti lattiero caseario. La chiave per il Made in Italy, in un Paese che invecchia, sembra sempre di più essere l’export.
«Dal 2010 a oggi il consumo del latte fresco è diminuito del 30%, ai quali va aggiunto un altro -30% di latte commercializzato come private label – ha detto Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo -. Da qui al 2030 i consumi caleranno ulteriormente, con una flessione maggiore più sul latte fresco che non del latte uht».
Sulla Cina la battaglia commerciale è complicata. «Comincia a essere un mercato competitivo, con molti operatori – ha specificato Calzolari -. Noi italiani non siamo arrivati primi e non abbiamo consolidato il mercato. È un’opportunità, anche perché possiamo contare sui prodotti Dop, ma non è semplice».
In futuro, il latte sarà sempre più segmentato come offerta. «L’etichettatura ci aiuterà, soprattutto nella fase iniziale, ma finirà per spegnersi se non la dotiamo di contenuti – ha proseguito il presidente di Granarolo -. Va molto bene il biologico, così come il delattosato. Sul fronte dei prodotti caseari stiamo lanciando prodotti freschi senza sale, nella convinzione che avranno la giusta attenzione da parte del consumatore».

Sponsor del convegno: Nutreco.
Le relazioni presentate al convegno sono pubblicate qui su questo stesso sito internet, nella sezione "Documenti".

Nella foto, tre dei relatori del convegno IZ: Claudio Destro, direttore dell'azienda Maccarese e vice presidente Aia, Kees de Roest, ricercatore Crpa, e Gianpiero Calzolari, presidente Granarolo.

Latte, de Roest (Crpa): «Nel 2026 Ue primo esportatore mondiale» - Ultima modifica: 2017-02-18T23:32:29+01:00 da Giorgio Setti

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